The Rippers – Better The Devil You Know (Slovenly Rec.)

NME nel numero di ottobre ha buttato via più di 20 pagine per commemorare il decennale di “Up the bracket” dei Libertines, che, per carità, dal vivo erano delle macchine da guerra, ma all’umanità hanno portato il cancro chiamato Pete Doherty. Detto questo, la rivista patinata inglese si fa degli autofacials con un gruppo che non ha certo lasciato ‘sto gran segno indelebile, mentre qua in Italia il nuovo disco dei Rippers rischia di rimanere relegato alle solite rubriche striminzite  “Made In Italy” o cazzoneso.

Se siete abbastanza navigati/anzianotti da ricordare il loro esordio su Shake Your Ass, converrete che, in un’era in cui le band nascono e muoiono nel giro di un buffering di Youtube, i nostrani Rippers sono lì fuori da due lustri a dare calci ai vari ConIlPesce o Teatrini dei Torroni. Una carriera decennale che in Italia vale almeno doppio, soprattutto se suoni garage punk senza lustrini, con la smania immutata di chi vuole finire un concerto ricoperto di sangue e vesciche.

A riprova che i ragazzi, dopo una camionata di 7” e tre album, ormai potrebbero tenere lezioni di r’n’r per corrispondenza, è l’eccellenza di ogni singola traccia di “Better the devil, you know”, un disco studiatamente blues che necessita più di un ascolto per essere capito ed amato anche nelle sue derive acide. E, per una volta, lasciatemelo dire: il basso è una roba pazzesca. Ripper II – assieme al putiferio di armonica, stomp r’n’r, schitarrate di cristallo e una voce non più garagiosamente stereotipata – ti si avvinghia come il linguone satanico di un James Brown from the grave. Ragazze, ragazzi, se su Facebook negli interessi avete scritto rock’n’roll e non comprate questa bomba, significa che vi vestite da minchia come Pete Doherty.

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