Al fine di accantonare subito ogni imbarazzo, daremo qui per scontato di conoscere la corretta pronuncia del loro nome.
Detto ciò, vi chiedo ogni quanti giorni, mesi, anni siete soliti imbattervi in un gruppo che potreste accostare ad occhi socchiusi ad una delle fiammanti meteore raccolte in scrigni quali HOMEWORK e MESSTHETICS. Se avete risposto “abbasta spesso”, allora o avete i timpani sfondati oppure non avete tenuto conto che i Mirrorism sono di Ferrara. Kapeesh? Le probabilità di ascoltare tali bellezze dopo-punk, se circoscriviamo il discorso al nostro stivale malandato, sono vicine allo zero assoluto, ma Fly Eye ci mostra che qualcosa si muove nella giusta direzione. Cinque sono i brani protagonisti di questo rinascimento naif, giustamente e filologicamente affidato ad una cassetta figlia d’altre cassette sulle quali a mano veniva scritto “If you have money, buy it; if you don’t, copy it”. Una frase presa in prestito dai Cleaners From Venus che non è incitazione a delinquere, ma piuttosto un onesto consiglio che tocca il nervo della musica: comprare, prestare, diffondere, trasmettere, ballare, inserire Slow Homo in una compilation tra Wire e Mission Of Burma, farli suonare su palchi degli Appennini e delle Ande… Le piccole incertezze vocali o percussive, l’attenzione con cui si è cercato di mettere in mostra il variegato spettro delle loro intenzioni, la nonchalance con cui si rivisitano fantasmi Rough Trade o SST. Un lavoro non piccolo che induce brividi genuini.
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