Zapping! #1 – ME CULTIVATIN’, ME HATIN’

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 di MARCEL DU CAMP

 

Se ci avete fatto caso, complice Sardella, da qualche tempo il fare l’orto è diventata una cosa chic mai più senza.
Anche perché qua in provincia l’orto lo si è sempre fatto – perlomeno i vecchi e gli ex-giovani – senza tanti vaneggiamenti new age bio(washball) e senza il cancro fastidioso dell’hype un tanto al chilo. Credo che mio nonno abbia sofferto quando hanno messo fuorilegge il DDT, per dire. E via discorrendo.
Mi fanno quindi ridere i babbazzi da Ied che si buttano nell’orto sul balcone in cui cresce così poca roba che è tutta fatica sprecata: potrebbe venire bene – e poi e poi – solo la lattughina e qualche aromatica. Fatelo come passatempo, ma non spacciatelo come epifania salva mondo, dai.
Comunque, sempre meglio di quei mentecatti che, stanchi di fare i manager da millemila dobloni mensili, vanno a vivere in campagna a fare i coltivatori fighetti. “Ho realizzato un sogno e sono felice”. Grazie al cazzo. Dai pure a me i soldi e ti faccio vedere come divento felice anch’io assieme ai vaccari indiani che spalano merda al posto mio.

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Ad ogni modo, io faccio l’orto per alcuni motivi validissimi, pur non avendo una badila griffata Starck:

– Ho una piccola porzione di orto condominiale ed era penoso non profittarne.
– Mio nonno lo fa da una vita e osservandolo ero già un po’ imparato, quindi consapevole di non partire alla cazzo di cane.
– Mi fa schifo il concetto di aperitivo e avere l’orto da innaffiare alle 19:30 di sera è un buon salvacondotto per evitare la tentazione dell’ape in posti affollati di gente che amerei mietere col mitra.
– La verdura della Coop non sa di un cazzo e almeno per due/tre mesi l’anno gradirei mangiare ortaggi saporiti sicuro al 100% di non averli concimati col plutonio.

Alla fine è una delle trasposizioni “foh real” del concetto santo di D.I.Y.
Nello specifico: cerco, compatibilmente con lo spazio a disposizione, di coltivare la mia roba per essere sicuro di quello che mangio, di risparmiare e di non dare soldi, nei limiti del possibile, a grandi distribuzioni e grossisti. Se tu Coop mi vendi a caro prezzo dei pomidori che sanno di niente, io ti sfanculo e mi faccio i miei. Poi vengo da te e ti faccio gné gné gné.

 

Quindi:

– Vangare la terra mi fa sentire più uomo. E mi fa venire il mal di schiena, ma perlomeno soffro sentendomi più uomo.
– So per certo che Lemmy approverebbe.
– Sudo. Ma magari evito di mettermi sull’ipod i Merauder che sarebbe triste vedermi fare della violent dancing con una zappa in mano, da solo.

 

Problemi dell’orto:

– I vecchi del condominio si appostano come gli avvoltoi. Vedere uno stronzo che zappa non è emozionante come vedere un edile che cade da un ponteggio, ma a volte ci si può anche accontentare.
– La nipotina 3enne di uno dei vecchi che mi spezza le piantine, e mai come la scorsa estate mi sono sentito attratto dall’idea dell’infanticidio.
– Lo spazio è poco, altrimenti ci coltiverei il mondo. Anche di inverno (sì, ci son delle robe che si possono fare quando fa freddo, come svariati tipi di cavoli, ad esempio).

E qualcuno si chiederà: “Ma ‘sto pippone a che pro?”.
Beh, è una sorta di cappello introduttivo perché oggi si inaugura un diario in cui cercherò di mostrarvi un po’ per volta il mio fallimentare percorso di orticoltore diy semi-improvvisato.

Avrei potuto fare qualsiasi altra cosa: il bricolage, lo stalking alle coppiette lugate in campagna, etc. E invece no. Faccio l’orto senza sapere cosa me ne verrà e alla fine potrete dirmi “bravo” o “pirla”, a seconda.
La prossima volta, ad esempio, vi mostrerò il laboratorio in cui sto plasmando le star assolute della mia coltivazione 2013. E, casomai il maresciallo stesse leggendo, no, non si tratta di piante di droga spiritosa.

 

 

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